Roma, 5 luglio 2023 – «Il salario minimo serve, e anche subito, ma va fatto collegandolo ai contratti, come indica anche l’Unione europea nella sua Direttiva. La via è quella dell’estensione, settore per settore, dei trattamenti economici complessivi dei contratti collettivi di lavoro maggiormente diffusi, che sono quelli confederali e che si attestano mediamente ben al di sopra dei 9 euro». E’ questa la posizione del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra sull’introduzione di un salario minimo per legge, tema tornato al centro del dibattito politico e sindacale dopo la presentazione della proposta unitaria depositata alla Camera dai partiti di opposizione Pd, M5s, Azione, Avs e Più Europa.
Per il leader Cisl Luigi Sbarra in questo modo «si garantirebbe una retribuzione oraria dignitosa a tutti i lavoratori». Non solo salario, ha aggiunto il sindacalista, «ma anche tutele e garanzie che solo un contratto può assicurare: dalle tredicesime alle maggiorazioni, dalla sanità alla pensione integrativa, buoni pasto, ferie, Tfr, straordinari, lavoro notturno».
Per il segretario della Cisl il rischio di una quota minima fissata per legge è «l’uscita di molte aziende dai perimetri dei contratti nazionali, una compressione verso il basso delle fasce medie dei redditi e l’incremento smisurato del lavoro nero nelle fasce del lavoro debole». «Bisogna, invece, salvaguardare la contrattazione collettiva che è lo strumento per tutelare tutti i lavoratori» ha aggiunto il sindacalista che propone “una norma leggera” che indichi il riferimento dei contratti prevalenti, che sono quelli confederali, e dia valore universale, settore per settore, a quei contenuti.
Sul metodo il leader Cisl suggerisce di prendere come riferimento «i dati già in possesso di Inps e Cnel, eventualmente si obblighi le aziende a pubblicare sulla busta paga il codice del contratto applicato». «Per fare una mappatura completa – ha sottolineato – serve veramente poco». E ancora, ha evidenziato il sindacalista, «la Cisl è stata sempre contraria all’intromissione della legge su materie che devono restare che devono restare affidate alle parti sociali secondo un principio di autonomia che sorregge la democrazia economica di questo Paese. La libera contrattazione e le relazioni industriali restino autorità salariale». Perché «l’incontro negoziale è l’unico che possa rispondere alle condizioni reali dei settori e dell’economia».
Sbarra ha poi sottolineato che «le basse retribuzioni sono lo specchio di un Paese che cresce poco e ha un tessuto sociale estremamente polverizzato» e che «c’è un problema dimensionale da affrontare nelle imprese insieme alla questione produttività, da risolvere anche investendo nella contrattazione decentrata, detassando le retribuzioni premiali, professionali e anche di scomodità e tredicesime per lavoratori e pensionati. Occorre assicurare la strutturalità del taglio contributivo sul lavoro. Le associazioni datoriali ci aiutino a negoziare contratti territoriali per le piccole imprese con perimetri condivisi tra le parti sociali».