Green Pass, il nuovo Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri riscrive le regole per l’estate: …

L’ipotesi di Confindustria accende le polemiche. Guarini: «Minacciare di licenziare o di sospendere i lavoratori che non si vaccinano per scelta è frutto di un atteggiamento estremista che non può essere tollerato. Si trovino soluzioni condivise facendo prevalere il buon senso e le buone ragioni della scienza. Bisogna informare i lavoratori e indirizzarli verso una scelta consapevole respingendo con forza le rigidità datoriali».

Roma, 23 luglio 2021 – La seconda estate dell’era Covid sarà all’insegna della certificazione verde. Dal 6 agosto l’obbligo al Green Pass, oggi limitato alle residenze per anziani e alle feste di matrimonio, è esteso agli over 12 in zona bianca per l’accesso a eventi sportivi, fiere, congressi, musei, parchi tematici e di divertimento, centri termali, sale bingo e casinò, teatri, cinema, concerti, concorsi pubblici ma anche per sedersi ai tavoli al chiuso di bar e ristoranti (non sarà invece necessario per consumare al bancone e neppure all’aperto). E in piscine, palestre, sport di squadra, centri benessere, limitatamente alle attività al chiuso. Per ora non riaprono i battenti le discoteche, né all’aperto né al chiuso.

Il nuovo Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri riscrive così le regole per l’estate. La certificazione verde è rilasciata non solo alla persona che è stata vaccinata contro il Covid ma anche a chi ha ottenuto un risultato negativo al test molecolare/antigenico o è guarita dal Covid. La durata della certificazione verde in caso di guarigione è di sei mesi a far data dall’avvenuta guarigione dal Covid. In caso di tampone negativo, il certificato ha una validità di quarantotto ore dall’esecuzione del test. Il green pass dura nove mesi dopo aver completato con la seconda dose il ciclo vaccinale.

Il Commissario straordinario definirà, d’intesa con il Ministro della salute, un protocollo con le farmacie e con le altre strutture sanitarie per assicurare fino al 30 settembre 2021 la somministrazione di test antigenici rapidi a prezzo calmierato.

Allo stato il green pass non è previsto per i trasporti e per l’accesso al lavoro.

L’ipotesi avanzata da Confindustria sulla vaccinazione obbligatoria per i lavoratori ha acceso molte polemiche. Ad aprire il dibattito è stata una mail interna dell’associazione degli industriali che ipotizza, per garantire la tutela dei lavoratori, di chiedere la presentazione del green pass ai dipendenti e, nel caso non lo abbiano, di spostarli ad altra mansione o sospenderli, con impatto anche sulla retribuzione.

Nella nota di Confindustria è scritto che “l’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro”.

Sulla questione si sono già espressi i sindacati parlando di grave violazione della privacy da parte dell’azienda in assenza di un obbligo alla vaccinazione, bocciando una eventuale aspettativa forzata.

Da parte dei giuristi, invece, si sottolinea la possibilità per l’azienda di sospendere il lavoratore non vaccinato senza giustificato motivo per evitare di mettere a rischio gli altri dipendenti.

Se è vero che nessuno può essere obbligato a nessun trattamento sanitario se non per disposizione di legge (articolo 32 della Costituzione) e quindi non al vaccino anti Covid se questo non è obbligatorio per legge, è anche vero che l’imprenditore è obbligato ad adottare le misure necessarie ad assicurare l’integrità fisica dei dipendenti (articolo 2087 del Codice civile).

Il ruolo delle parti sociali, ha ribadito a proposito la Cisl in una nota, “è quello di favorire in maniera responsabile la vaccinazione in tutti i luoghi di lavoro e nelle aziende che si sono rese disponibili a costituire hub vaccinali aggiuntivi a quelli della sanità pubblica, come avevamo sottoscritto il 6 aprile scorso insieme alla Confindustria ed alle altre associazioni imprenditoriali per tutelare la salute collettiva e quella dei lavoratori”.

Porre dei vincoli di accesso ai luoghi di lavoro mediante il green pass, secondo il sindacato di Via Po, “non rientra nel perimetro del protocollo e non è una modalità discriminatoria di controllo che non può essere imposta con una circolare alle aziende”.

Per questo la Cisl rinnova l’appello alle associazioni imprenditoriali “di tornare a condividere un percorso di interventi utili a promuovere ulteriormente le vaccinazioni, nel rispetto delle prerogative individuali e delle leggi dello Stato”.

Anche la Fisascat Cisl è intervenuta al dibattito. «Vanno evitati degli approcci massimalisti sul tema del green pass al lavoro. Minacciare di licenziare o di sospendere i lavoratori che non si vaccinano per scelta è frutto di un atteggiamento estremista che non può essere tollerato» ha dichiarato il segretario generale della categoria cislina Davide Guarini.

«La fase drammatica e complessa che stiamo attraversando non può contemplare vie d’uscita di tipo autoritario e unilaterale» ha aggiunto il sindacalista sottolineando che «si devono necessariamente trovare soluzioni condivise facendo prevalere il buon senso e le buone ragioni della scienza».

«Bisogna mettere al primo posto il senso civico nel rispetto delle scelte individuali – ha chiosato il sindacalista – che non possono comunque mettere in discussione la sicurezza sul lavoro e la salute delle persone, informando e indirizzando i lavoratori verso una scelta consapevole rispetto al vaccino, respingendo con forza le rigidità datoriali».

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