Ripercussioni della pandemia nel turismo, commercio, servizi, scenario contrattuale di riferimento e …

Questi i temi del Consiglio Generale Fisascat Cisl convocato in presenza a Roma

Roma, 15 giugno 2021 – Ripercussioni della pandemia nel commercio, turismo e servizi, contratti e crisi aziendali nel terziario di mercato sono i temi al centro del Consiglio Generale Fisascat Cisl, convocato in presenza a Roma per adempimenti statutari nel rispetto delle misure anti Covid. All’assise ha preso parte anche il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra.

Gli effetti della pandemia nel commercio, turismo e servizi

Nella relazione introduttiva ai lavori il segretario generale Davide Guarini ha analizzato lo scenario economico evidenziando che «gli impatti più gravi della crisi si sono verificati proprio nei settori labour intensive ad alta intensità di relazioni personali, come il commercio turismo e i servizi legati al turismo, dal comparto alberghiero alla ristorazione, settori ad alta valenza sociale dove si concentra oltre la metà dei rapporti di lavoro persi nel 2020».

«Gli effetti economici della pandemia hanno penalizzato duramente tutte le attività del settore gravate da una contrazione dei consumi per 107 miliardi di euro, l’83% del calo complessivo e un conseguente calo di fatturato pari al 12,1%» ha aggiunto Guarini sottolineando che «per la prima volta da decenni si è ridotta la quota dei servizi di mercato, passata dal 41% del 2019 al 38,8%, un valore che riporta indietro il settore di 15 anni». Per il sindacalista «occorre riportare alla normalità questo settore economico investendo su quella parte dell’economia reale, a cominciare dal turismo, dalla ristorazione, dal commercio, dalla cultura e dal tempo libero, che può davvero avere un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia ed un effetto equilibratore della società».

Lo scenario contrattuale di riferimento

E’ in questo contesto economico che bisogna analizzare lo scenario contrattuale di riferimento, caratterizzato da elementi di complessità certamente riconducibili alla crisi pandemica ma anche al cambio di paradigma che investe i settori dei servizi e della distribuzione commerciale. Sono oltre 5milioni i lavoratori in attesa del rinnovo contrattuale nel commercio, turismo e servizi. Mentre proseguono a ritmo serrato i negoziati per il nuovo contratto applicato ai circa 600mila addetti delle imprese di pulizia, servizi integrati/multiservizi, nelle scorse settimane è stato avviato il confronto per i nuovi contratti nazionali del terziario distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata e della distribuzione cooperativa che complessivamente interessano oltre 2,4 milioni di lavoratrici e lavoratori. «Effettuati i primi incontri con le associazioni imprenditoriali di settore – ha stigmatizzato Guarini – dobbiamo dire che le trattative, da svolgersi in commissioni tematiche, non sono ancora partite». «Non è tollerabile – ha aggiunto – che i lavoratori si ritengono meritevoli di avere il vaccino prima di altre categorie e poi disconoscere il loro sacrosanto diritto a vedersi aggiornati i livelli retributivi». «Riteniamo siano maturi i tempi per avviare una trattativa serrata che si faccia carico di una grande responsabilità – ha chiosato – quella di dare delle risposte concrete ed apprezzabili alle lavoratrici e ai lavoratori che tanto hanno dato durante il complicato periodo dei lockdown e ai quali è necessario riconoscere dignità e un salario equo e proporzionale».

Le crisi aziendali nel terziario

Tra le vertenze recenti più emblematiche della crisi economica generata dalla pandemia, quella della catena di profumerie tedesca Douglas Italia e della catena statunitense Disney Store. A fronte di un investimento spostato tutto sul canale e-commerce entrambe le catene hanno avviato una radicale riorganizzazione delle attività di vendita. Douglas Italia ha comunicato la dismissione di 128 negozi della rete vendita con 471 lavoratori; i lavoratori fino al 31 luglio, potranno manifestare l’interesse a risolvere volontariamente il rapporto di lavoro a fronte di un incentivo all’esodo quantificato sulla base dell’anzianità di servizio, pari a 15mila euro lordi fino a 13 anni di anzianità e pari a 22mila euro oltre i 13 anni di servizio prestati. Disney Store ha comunicato la totale dismissione di tutti i 15 punti vendita presenti in Italia lasciando nello sconforto più assoluto i 233 lavoratori coinvolti. Anche in questo caso si prospetterebbe la definizione di un accordo sull’incentivo all’esodo volontario mentre si tenta il tutto per tutto per la ricollocazione dei lavoratori, con la cessione delle licenze. E’ di queste settimane anche la notizia della riorganizzazione della rete vendita della catena di abbigliamento statunitense GAP: la riorganizzazione prevede la chiusura, rispettivamente a giugno e a luglio, di due punti di vendita in Italia a Milano e a Torino senza alcuna prospettiva offerta ai lavoratori. Si concretizza così la “strategic review” e il conseguente e progressivo abbandono della multinazionale statunitense del continente europeo. Nell’ambito della Distribuzione Moderna Organizzata risalta la vicenda della rete Ex Auchan, ora Margherita Distribuzione, conclusa, sul fronte occupazionale, con un accordo tra Parti Sociali sull’incentivo all’esodo volontario. La risoluzione incentivata dei rapporti di lavoro, è stata optata da 2.525 unità sue dipendenze 200 unità. Una notazione specifica merita anche Carrefour Italia, gruppo commerciale che ormai da anni registra perdite molto pesanti e corre il rischio di bissare l’esperienza dell’abbandono di Auchan in Italia. Il Gruppo Carrefour opera su tutto il territorio nazionale con 421 punti vendita in gestione diretta tra ipermercati, market, express e cash&carry. Ma la parte maggiore della rete è già oggi costituita dal franchising, con ben 1.064 punti vendita e la direzione societaria ha palesato l’obiettivo di divenire il primo operatore franchising in Italia. «Uno dei fattori che accomuna molte di queste vertenze e che oggi deve farci riflettere – ha sottolineato Davide Guarini – è che il contributo più significativo alla soluzione del problema degli esuberi rischia di darlo proprio la cosiddetta risoluzione incentivata dei rapporti di lavoro mentre si deve cominciare a lavorare seriamente sul tema delle ricollocazioni utilizzando al meglio il periodo di tempo che vedrà l’utilizzo intensivo degli ammortizzatori sociali conservativi». «Crediamo sia necessario ricondurre il confronto in sede istituzionale, con il coinvolgimento del Mise e del ministero del Lavoro per dare una concreta prospettiva occupazionale alle lavoratrici ed ai lavoratori» ha evidenziato il sindacalista proponendo «la costituzione di una Cabina di Regia per la gestione delle crisi aziendali, con il ruolo attivo delle Parti Sociali e delle istituzioni competenti». «Unitamente agli strumenti passivi di integrazione al reddito in costanza di rapporto di lavoro – ha precisato Guarini – bisognerebbe dare vita ad una nuova generazione di politiche attive che concentrino il beneficio su quelle imprese attive negli stessi settori di quelle crisi che devono espellere occupazione nell’assunzione a tempo indeterminato del personale occupato in cassa integrazione». «Questo – ha chiosato – consentirebbe di operare in termini di sostegno alle preziose professionalità esistenti e il contributo che noi potremo dare unicamente alle imprese e alle associazioni datoriali potrebbe consistere in una dote alla ricollocazione che abbiamo sperimentato in alcuni contesti di crisi». «Il Sud, relativamente al pluralismo dell’offerta commerciale ed in termini occupazionali – ha poi evidenziato Guarini – rischia di pagare nel breve periodo un prezzo salato: la fuga dalla gestione diretta da parte di Carrefour prima, l’addio di Auchan poi, e nel mezzo la riduzione della presenza di Coop, stanno relegando molte regioni meridionali ad essere oggetto di interesse per le catene discount e, nella migliore delle ipotesi, per franchising». Per il sindacalista «lo scenario drammatico che il terziario di mercato ha vissuto ha fatto emergere in maniera chiara che la risposta alle domande che le crisi aziendali ci pongono non può essere banale ma anzi capace di contenere e di esprimere una reazione nuova problemi che pur avendo delle caratteristiche sempre uguali assumono un ruolo maggiormente dirompente per via di un contesto seriamente deteriorato».

Il Turismo e l’allarme sulla mancanza di manodopera professionalizzata

La Fisascat Cisl interviene al dibattito sulla carenza di manodopera specializzata nel comparto turistico. «Non possiamo restare silenti rispetto alla strumentalizzazione demagogica che sta maturando nel paese attorno alla favola dei 500mila posti disponibili nel comparto turistico e dei lavoratori che preferiscono restare a casa piuttosto che lavorare stagionalmente nel turismo» ha dichiarato il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini. «Piuttosto bisognerebbe verificare le reali condizioni di lavoro proposte nel settore» ha aggiunto il sindacalista sottolineando che «è paradossale per chi segue questioni non di carattere teorico ma pratico che ai lavoratori del turismo venga proposto un contratto di lavoro part time a 20 ore quando gli orari di lavoro di fatto superano addirittura le 60 ore settimanali. E’ presumibile che questi contratti celino in realtà rapporti di lavoro grigi e addirittura in nero senza tralasciare il fatto che buona parte dei lavoratori stagionali vengono addirittura inquadrati con rapporti di stage/tirocini provenendo da percorsi scolastici dedicati». «Il turismo, così come il lavoro stagionale in senso ampio, merita uno statuto specifico. La Fisascat Cisl – ha aggiunto – raccoglie la sfida di realizzare un osservatorio e un focus permanente sul mercato del lavoro nella stagionalità nel turismo e non». «Se vogliamo professionalizzare l’apporto del lavoro stagionale – ha concluso – dobbiamo riprendere il della destagionalizzazione e approntare quegli strumenti che il pubblico e privato possano mettere assieme per garantire il più possibile capacità reddituale alle professionalità che vi operano di modo che abbiano sempre più interesse non a scegliere tra il reddito di cittadinanza e il lavoro o tra il lavorare in Italia per pochi mesi o all’estero per periodi maggiori».

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